Nei primi tre anni di guerra Aversa, nonostante la presenza di varie infrastrutture di interesse militare, fu immune da bombardamenti, probabilmente anche a causa dell’esistenza sul territorio cittadino dei due vasti complessi sanitari dell’Ospedale Militare Alessandro Mussolini dell’Ospedale Psichiatrico Santa Maria Maddalena. Si diffuse anche la convinzione popolare che la città sarebbe stata risparmiata da attacchi aerei grazie all’intercessione dei parenti del famoso colonnello Stevens di Radio Londra che dimoravamo ad Aversa. Ma purtroppo nessuna protezione, né reale né presunta, fu utile a salvare la città quando nell’estate del 1943, dopo la destituzione di Mussolini, gli anglo-americani tentarono la spallata definitiva sul fronte italiano col duplice intento di fiaccare le residue intenzioni di resistenza da parte dell’Italia e indurre il nuovo governo Badoglio alla capitolazione e di impedire alle forze tedesche sulla penisola, già in ritirata dalla Calabria, di organizzare un efficace dispositivo di difesa. In questo periodo emerse la rilevanza di Aversa nel quadro strategico più ampio che vedeva i tedeschi operare a nord di Napoli per disporre di forze sufficienti sia per la difesa del capoluogo che per contrastare un eventuale sbarco sul litorale Domizio. In questa ottica i due scali ferroviari della città, quello civile e quello merci situato nell’attuale territorio di Gricignano, costituivano un importante snodo per il transito di truppe e materiali tra l’area di Napoli e la linea di resistenza approntata sul Volturno.
Dopo che alcune azioni di bombardamento sui paesi vicini l’avevano soltanto lambita, causando però alcune vittime nel mese di luglio, la prima incursione aerea colpì Aversa nella giornata del 20 agosto del 1943, in una calda giornata di fine estate nella quale gli aversani facevano i conti con le ristrettezze del momento e le incertezze dell’avvenire a meno di un mese dalla fine del regime fascista, a sganciare le bombe, in pieno giorno, furono bombardieri americani del tipo B-17 e B-26 della Northwest African Strategic Air Force un comando aeronautico costituito in Tunisia appositamente per supportare l’invasione dell’Italia. Nella stessa giornata si susseguirono ben tre distinte azioni di bombardamento a partire dalle 11.00 del mattino, nel corso della prima venne centrata la stazione ferroviaria che fu completamente sventrata mentre danni minori interessarono la linea ferroviaria che non fu interrotta ma le bombe causarono l’esplosione di un carico di munizioni allora presente in stazione e la morte di una quarantina di soldati italiani e tedeschi. Le successive incursioni invece interessarono lo scalo merci subito a nord della città, che subì soltanto lievi danni, e la zona del distretto militare che però non fu colpito mentre una bomba centrò la vicina chiesa di San Biagio scoperchiandola ed alcuni ordigni di minore portata caddero non lontano dal duomo provocando solo lievissimi danni. Più ingenti invece i danni riportati dalla sede del Comune e dal macello cittadino, ma fortunatamente furono soltanto due le vittime civili della giornata. Assai diffusi invece i danni alle abitazioni civili: danneggiato seriamente il Molino De Simone, scoperchiati molti tetti tra via Diaz e piazza Vittorio Emanuele III, danni anche al quartiere Savignano. Da quel giorno gli aversani impararono a convivere col terrore delle bombe e la nenia delle sirene antiaeree e riscoprirono le antiche cavità del sottosuolo cittadino che vennero rapidamente riadattate a rifugi ma molti ritennero di fuggire nelle grotte nei dintorni di Napoli per sottrarsi alla furia delle fortezze volanti.
Salvatore de Chiara
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