La condanna di Luigi De Magistris, ex magistrato d’assalto e
sindaco “Masaniello” di Napoli, ha scatenato i fedeli osservanti della religione carceraria a difesa del profeta
condannato dai suoi stessi sacerdoti. La sentenza, e fino all’altro ieri le “sentenze
della magistratura” avevano un’aura sacrale, è improvvisamente divenuta frutto
di un complotto, di giudici collusi, che secondo Giggino sparame ‘mpietto
dovrebbero “vergognarsi e dimettersi”, con i poteri che vorrebbero far fuori un
“sindaco scomodo”.
Ora non si spiega per quale motivo quando
questi argomenti sono usati da un Berlusconi, un Formigoni o un Cosentino
qualunque sarebbero atteggiamenti eversivi mentre se usati dall’ex magistrato
De Magistris siano legittime espressioni
di amarezza di un innocente onesto. Dal punto di vista processuale della
famigerata Why Not resta ben poco, qualche pesce piccolo condannato mentre la
stragrande maggioranza degli imputati risultano assolti o archiviati, gli stessi
Prodi e Mastella sono stati prosciolti in corso d’istruttoria e proprio le
modalità di acquisizione delle intercettazioni sugli allora premier e ministro
della giustizia hanno portato Giggino l’arancione alla condanna. Col suo consulente
Gioacchino Genchi, questurino informatico già santificato da Marco Travaglio, De
Magistris ha acquisito in modo illegittimo i tabulati telefonici del presidente
di alcuni parlamentari senza chiedere la
obbligatoria autorizzazione alla camera alla quale appartenevano, per questo
sono stati entrambi condannati a 15 mesi di reclusione. Se le “sentenze si
rispettano” allora devono rispettarsi sempre e dunque anche il buon Giggino
deve rassegnarsi al fatto d’essere stato condannato , sia pur in primo grado, e
di dover sottostare alla sospensione prevista dalla legge Severino come già capitato ad altri sindaci. L’uso
della legalità a giorni alterni è ipocrita, specie da parte di certi
professionisti del giustizialismo da bar e dell’anti-mafia-anti-camorra-legalità
a tanto al metro. Il reato che De Magistris avrebbe commesso secondo i giudici
è peraltro gravissimo, perché come cittadino mi sento molto più minacciato da un magistrato
che impunemente possa entrare nelle vite private calpestando ogni garanzia e abusando
del proprio ruolo piuttosto che da un imprenditore che sottrae miliardi al
fisco, perché valuto la libertà ben più importante di qualunque tassa. Il sindaco
di Napoli, che ha costruito tutte le sue fortune politiche sull’ondata
giustizialista, è rimasto travolto da un sistema perverso e schizofrenico qual
è la macchina della giustizia italiana, una macchina a cui egli stesso ha dato
una forte accelerazione e che ora non può disconoscere senza mettere in crisi
la sua stessa identità mediatico-politica. E questo è poi un grande punto
troppo spesso ignorato del personaggio, il suo essere politicamente nullo, il
suo non rappresentare null’altro che sé stesso, la propria boria, la propria
voglia di rivalsa e di affermazione personale, per questo la condanna, al di là
di tutto, rischia di distruggere l’identità politica di un individuo privo di
substrato ideologico, privo di reali capacità di gestione, come hanno
dimostrato questi anni da sindaco, privo di un reale programma che non sia l’autopromozione
di sé stesso. Dalle parti di Napoli c’è un termine, poco traducibile in
italiano, che descrive alla perfezione il sempre accigliato primo cittadino partenopeo: è nu chiachiello!
Però a De Magistris
va riconosciuto, anche se lui non riserverebbe mai lo stesso trattamento ai
suoi avversari, il merito di voler resistere, perché deve essere chiaro sempre
che le cariche elettive sono affidate e revocate dalla volontà popolare e non
possono essere soggette alla tutela giudiziaria.